venerdì 22 maggio 2009

Riccardo (bozza - il segreto della zia cinese)

Ancora una notte di festa.

Passato un anno ed ero ancora bambina, imprigionata in un bozzolo sempre più stretto che mi costringeva al silenzio, all'immobilità e alla contemplazione di quelle indimenticabili notti in cortile.
C'era la luna ed ero talmente emozionata che mi capitava di ridere di niente.
Alle amiche del cuore (del patto di sangue dirò poi) avevo detto che non ci saremmo viste perché quella sera sarei stata coi grandi.
Loro, un po' incredule e curiose, mi avevano salutata con l'aria di chi non sa.
Non potevo "invitarle" alle Quattrocase perché io stessa ero già di troppo.
Se mi intrufolavo là era perché avevo dei cugini grandi: Vittorio, Paolo e Pinella.

Quella notte la luna stampava gigantesca l'ombra del gelso sull'improvvisata pista da ballo del cortile di Anita.
Come sempre, all'inizio della serata i grandi, chissà perché, indugiavano in lunghe partite di nascondino, almeno così le ricordo. A volte mi era persino concesso partecipare.
Mi sfugge il repentino passaggio dalle risate, dal rincorrersi, dai nascondigli impossibili e schiaffoni sulle spalle ai meno veloci al rito della "festa da ballo".

Forse era il sopraggiungere dell'oscurità ma.. di colpo, ancora col fiatone, c'era un gran tramestio, il tipico rumore di sedie trascinate per far spazio, la frenesia di preparativi più rapidi di uno sparecchiar tavola.

E poi il giradischi.
Tutti quelli che hanno un cuore evocò il silenzio rituale e il sottile chiacchiericcio di sottofondo che ben conoscevo.
Mentre frugavo fra i quarantacinque giri notavo volti nuovi di cantanti americani, francesi... italiani e persino negri come si diceva allora del tutto ignari dell'accezione negativa del termine.
La voce che cantava "tutti quelli che hanno un cuore" apparteneva a una ragazza bionda dai capelli cotonati.
Tutti ciondolavano già nei loro lenti ed io pensavo che prima o poi sarebbe toccato anche a me una simile delizia. L'avevo capito dai loro sguardi e da mille particolari d'infinita sensualità che coglievo ad ogni passo, ad ogni minimo gesto di quei corpi fin troppo languidi.
Come una spia nella casa delle "carezze" mi aspettavo novità strepitose, tutto me lo faceva presagire e, costretta ormai al mio ruolo di cronista me ne stavo acquattata a terra in posizione strategica con visuale dal basso. Del tutto inosservata avevo finalmente la situazione sotto controllo.

All'improvviso ecco Riccardo, un ragazzo che veniva da Torino.
Era appena arrivato con la sorella Clara, l'unica magra come me.
Ci avevano confrontate... non avevo capito chi fosse la più magra ma la cosa mi aveva comunque gratificata. (Che avesse ragione il pediatra quando diceva a Madre che sarei cresciuta? - vedrà - predicava lui - la Venere tascabile metterà tacchetti e reggipetto -).

Dicevo di Riccardo: un tipetto agile e sorridente, nel suo maglioncino blu si agitava molto e aveva gli occhi di un azzurro radioattivo, penetrante.
Ero abbacinata dal colore di quello sguardo così intenso. Uno sguardo che, distrattamente, mi aveva accarezzata come fossi il gatto di casa.
Doveva essere un elemento destabilizzante questo Riccardo.
Quei riccioli biondi e il suo fare un po' esagitato mi fecero temere.
Gli sciagurati avrebbero potuto vanificare il mio appostamento da paparazzo, là sotto il tavolo, a guardarli mentre ballavano i lenti.
Avevo intuito perfettamente.
I balli furono interrotti, un rapido conciliabolo fra pochi eletti ed era partita l'iniziativa...
Non riuscivo a sentire le loro parole, bisbigliavano appena interrompendosi solo con fragorose risate subito represse dai leader

Dovetti osservarli a distanza per timore di essere cacciata come spia e li vidi allontanarsi mentre Petula Clark finiva la sua canzone. Ben presto erano tornati con delle bottiglie di vino...

Nessuno ormai si occupava seriamente della musica, i dischi venivano appoggiati a caso, erano diventati la copertura di qualcos'altro. Io ero piuttosto contrariata, mi stava sfuggendo di mano il servizio che prevedeva scene piccanti per la mia sensibilità di bambina magra con le occhiaie.

Vittorio, Riccardo, Giacomo e Sofia erano quasi fuggiti e noi lì ad aspettare.
- sono andati al pollaio di Anita... - Clara era come assente.
- cosa ci fanno col vino? -
- non ho capito... - aveva detto Clara sempre più disorientata.
- boh!... siamo rimasti in pochi a ballare -
- ma se neppure balli tu! - Clara mi aveva sorriso.

A un certo punto si sentirono le galline furibonde, svegliate bruscamente, lanciare qualche grido strozzato, poi qualcuno aveva chiuso il cancello di furia e non si capiva proprio nulla, la musica era ormai una miagolante colonna sonora di misteriosi fatti.



SEGUE....

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