sabato 30 agosto 2008

specificità

mi sono venute a noia peculiarità, differenze, ciò che separa, ciò che divide in maniera pretestuosa gli esseri umani, perfettamente uguali in ciò che davvero conta nell'esistenza, molto oltre la "tradizione" dunque.
Questo totem etnico degli usi e costumi e.. le danze, la sagra.. altro non sono che un accessorio volatile, elisir destinato a evaporare nel tempo ed essere dimenticato.
Così per il dialetto, dapprima ghigliottinato in nome della rivoluzione culturale ( i lunghissimi anni successivi all'unità d'Italia).
Una forzatura senza precedenti l'abolizione dei dialetti, operazione chirurgica inesorabile, quasi che dietro di essi si annidassero la scabbia, la rogna.. brutte abitudini anti igieniche.. deformità come il gozzo.. brutte cose come i cessi fuori in campagna o l'uso del vaso da notte.
I dialetti non c'entravano niente con la miseria, lo sporco e il degrado.
Però adesso, che torna di moda il dialetto (le radici !) ecco si sente la nota stonata:la sensazione che si voglia far resuscitare il morto.
Ma ciò che è stato ucciso dal "moderno" torna, se torna, come artifizio, noia, esca per gli inermi fruitori di infiniti prodotti.

SEGUE...


(stanco ma felice)


("finire" Olga e suo marito)


(la triste fine di Ausonia, moglie-madre perfetta e regina elisabetta)


(prove generali di scrittura dopo Marina Punturieri & le altre)

(isola dei famosi sarai nominata)

(libro del simpatico papà della mia amica d'infanzia)

giovedì 28 agosto 2008

dovevo sorvolare i massimi sistemi

Invece no.

ho banalmente ceduto al caldo, all' umido estivo.
Quest'umore cedevole e languido però mi piace.

Stavo pensando che le storie più naturalmente letterarie e saporite sono schegge di quotidianità, storie di vicini, parenti.
storie che però mi creano il fastidio di tutelare la sfera privata.
Devo preoccuparmi di mascherare nomi, luoghi di persone perfettamente qualunque.

C'è gente che farebbe la mia fortuna letteraria soltanto per il fatto che esiste.
Basterebbe raccontare un pezzo della loro vita per sguazzare nelle emozioni più strabilianti.
Emozioni rapite da vite banali curiosamente impreziosite da frammenti di arte pura.
Cammei insomma.

A volte però mi domando perchè questi personaggi (davvero in cerca d'autore) abbiano persino
cognomi assolutamente perfetti!
E non posso cambiarli, sarebbe come annacquare del buon vino.
***

Veramente ascoltando "light my fire" ricordavo quel non amore che aveva tutti gli effetti collaterali del vero amore.
Questi effetti speciali erano tutti dentro di me.
Lui, l'uomo, c'entrava pochissimo con quella tardiva storia d'amore per la vita.

Spettacolo incandescente del mio amore "solitario", un amore per il primo che passa e che si comporta come se davvero fosse importante.

In realtà erano lampi di vita.
Baluginanti visioni da Cassandra che nulla avevano a che fare con l' omino calvo passato di lì,
in quel momento e si potrebbe anche dire: a quell'ora..
e perchè proprio lui? e perchè non uno più bello? e un po' più vivace?
a volte sospetto di essermi "innamorata" del presagio di morte che lui rappresenta così bene.
Adesso l'ho capito.
Lui era un tramonto straziante, un poetico dolore , autentico freno a mano all'eros.

Per fortuna non lo vedo più.
Non sento più le sue leccate parole, non mi ferisce più il senso del tramonto e il subdolo senso di morte che mi inoculava così come una vespa che ti punge con cura e ormai è tardi.
Insisteva che ero depressa.
Faceva tutto ciò che gli era possibile per rendermi triste e attribuirmene la colpa.
Sì, forse stavo correndo a perdifiato verso la depressione per stare con lui.
Credo che avrei voluto farmi seppellire con lui pur di restarci.. in eterno.
Chissà che mi era preso.
Un' ossessione.
Ma su questa storia ci tornerò ancora come ho già fatto.
***
Del mio vicino Querzino però posso parlare: è morto e a una certa età.
Tutto normale dunque.
Lui era uno che suonava la tromba, un artista (tale si definiva).
La moglie invece una gran lavoratrice.
Alla mensa della forestale.
Una bestia da soma quella donna, innamorata da troppo tempo dell'artistico marito.
Si lamentava (in realtà compiacendosi un po') della focosità di Giosuè.
Lei, Olga, bisbigliava di quando gli si negava e lui, nelle fredde notti invernali, la chiudeva sul terrazzino finchè non veniva a.. Canossa.
Olga sopportava queste atroci cose in nome di un amore, uno strano "amore" che nasceva dalla fascinazione di quella tromba che tanto ci disturbava
SEGUE...

mercoledì 27 agosto 2008

vi ringrazio

ho finalmente ascoltato il video di Carmelo Bene che inaspettatamente mi è stato dedicato.
Grazie.
L'ho sentito con questa fretta assassina.. che mi sta mordendo la vita.
Mi vedo: un vecchio camion scassato che corre nel deserto.
Corre, non c'è neppure il tempo di controllare l'olio.. raccogliere la portiera rotta che è letteralmente volata via durante la corsa.
C'è odor di bruciato ma non posso fermarmi.
Ho sete, sonno... devo prendere appunti di viaggio.. devo scattare fotografie..
ma non si può.
Devo scoprire chi ruba il m io tempo e soprattutto devo seminare i miei sconosciuti inseguitori.
Vi prego di aspettarmi, abbiamo tanto da dirci!
a dopo
Camilla

avete visto che ora è?

domani sera vi dico,
beh..

buonanotte.

sabato 23 agosto 2008

Lesbo


Perversità in cucina!
Sibila il bollitore.
E' tutto una Hollywood, senza finestre,
la luce fluorescente ha crampi d'emicrania,
al posto delle porte pudiche strisce di carta--
tendine finte di scena, una frangetta da vedova.
E io sono, amor mio, una bugiarda patologica,
e la mia bambina--eccola, a faccia in giù sul pavimento,
marionetta senza più fili che scalcia per sparire--
è proprio schizofrenica,
panico è la sua faccia rossa e bianca,
le hai sbattuti i gattini fuori dalla finestra
in una specie di pozzo di cemento
dove lei non li sente che cacano e vomitano e frignano.
Tu dici che non la sopporti,
bastarda di una bambina.
Tu che hai bruciato le tue valvole come una radio di scarto,
libera da voci e da storia, i rumori
di disturbo del nuovo.
Dici che quei gattini dovrei affogarli. Che puzza!
E affogare anche la bambina.
Se è matta a due anni, a dieci si taglia la gola.
Il pupo sorride, lumacone paffuto,
dalle lustre losanghe del linoleum arancione.
Roba da mangiarselo. E' un maschio.
Dici che tuo marito non vale un fico secco.
La sua mammona ebrea gli sta di guardia al sesso
come a una perla.
Tu hai un bambino, io due.
Seduta su uno scoglio in Cornovaglia dovrei
pettinarmi le chiome.
Vestirmi da tigre. Avere una relazione.
Dovremmo incontrarci nell'aria, in altra vita e situazione
io e te.

Intanto c'è un fetore di grasso e cacca d'infante.
Io sono drogata e intontita dall'ultimo tranquillante.
Fumo di pentole, fumo d'inferno,
sommerge le nostre teste, due opposti velenosi,
le nostre ossa, i capelli.
Ti chiamo Orfana, orfana. Stai male.
Il sole ti da piaghe, il vento tbc.
Com'eri bella un dì.
A Hollywood, a New York, ti dicevano gli uomini:
"Ehi pupa
sei uno schianto! sei venuta?"
Tu fingevi, fingevi, per dargli il nonsocchè.
L'impotente marito si avvia fuori al caffè.
Tento di farlo restare,
vecchio parafulmine da parare
i bagni d'acido, i cieli-in-piena riversantisi da te.
Greve lui scende il pendio di plastica acciottolato,
scassato tram che manda scintille blù.
Le scintille piovono giù
in milioni di pezzetti come quarzo frantumato.

O gioia! O tesoro!
Quella notte la luna
trainava il suo sacco di sangue, stracco
animale
sopra le luci della laguna.
E poi diventò normale,
dura e netta e bianca.
Il luccichìo di scaglie sulla sabbia m'impauriva da morire.
Ne prendemmo a manciate, l'amavamo,
plasmandola come pasta, un corpo di mulatto,
in seriche focaccine.
Un cane si attaccò a quel poveraccio di tuo marito,
e lui tirò avanti.

Ora taccio, tutta odio,
fino al collo, fin qui,
d'uno spessore così.
Come vestiti buoni impacco le dure patate.
Impacco i bambini.
Impacco i gattini malati.
O vaso di acido,
tu sei colma d'amore. E lo sai chi tu odi.
Con la sua palla al piede lui va al cancello
che da sul mare
e il mare ci va dentro, bianco e nero,
e il cancello lo risputa intero.
Riempi lui ogni giorno di spiritualità
come una brocca. E non ce la fai più.
La tua voce è un mio orecchino,
sbatte e succhia, sanguinario pipistrello.
E' proprio quello. E' quello.
Tu sbirci, stanca ciabatta,
dalla porta. "Ogni donna è una vacca. Comunicar non si può."
Vedo tutto il tuo lindo perbenino
che ti si chiude addosso come un pugno di bambino
o un anemone, quello spasimante
del mare, quel cleptomane.
Io sono ancora cruda.
Ma ti dico che forse tornerò.
Lo sai bene a che servono le bugie.

Nemmeno nel tuo cielo zen t'incontrerò.

*S.Plath

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decidere se sia meglio la sosta alla riflessione (che è la cosa più dinamica di tutte)
o farmi travolgere dall' onda dell'indignazione?
Farmi scaraventare nella piazza della partecipazione sarebbe facile, doloroso e ad essere sincera.. vecchio.
Non si fa il nuovo con i vecchi modi .

E i vecchi temi - mai così attuali - ci torcono le budella.
E' forse anche più aspra la condizione umana dal dopoguerra ad oggi..
Non ho più voglia di quel proceder lento, quel camminare dietro agli altri in processione.
(Io m'inseguo da me, già troppa gente frequenta lo zoo della mia mente)
Però faccio il tifo, questo sì.

Se solo si facesse il punto... E poi andiamo, dai!.. magari anche di corsa.

Non fa bene girare a vuoto..
Non basta mettere il pastrano di uno stesso colore per sentirsi affini e per l' efficacia dell'azione.
Una forte azione nasce da un comune pensiero "forte".. altrimenti meglio lasciar perdere.
Il fiume in piena ci porterà al mare o a sbattere contro un sasso. Fine della corsa.

Io preferirei andare al mare ma.. per navigare bisogna averci la rotta.. "idem sentire" e forza.

Idem sentire e forza anche solo per piantare un albero.


sabato 2 agosto 2008

a te che passi di qui...

.. per qualsiasi motivo, io sto partendo.

Una breve pausa a lungo attesa ma non mi lascerò scappare l'occasione di scrivere
un post da qualche scalcinato point gestito da extracomunitari.
(Oltre alla postazione puoi troverci salse indiane, cous cous e spezie varie).
Se poi il parente fosse normale mi farebbe accedere al suo pc...

A te che stai leggendo dunque.. in un certo senso non ti dimenticherò, qui è il luogo che
prediligo per la riflessione e qui si mette in atto il "nuovo" modo di comunicare.

Questa cosa sì che è globale! e ne è un aspetto positivo, tu potresti essere in Germania
(ciao "Mago" da Stoccarda se mi leggi!)
e siamo comunque vicini.

Ciao Serenella, compagna di risparmio e fatiche.. ;-)
ciao Daniele.. guarda che vengo dalle tue parti davvero!
ciao Antonio S., ciao Roberto C. e ciao a tutti i silenti lettori che so esserci
anche se non capisco chi siano..
a presto.
baci
Camilla