mercoledì 26 novembre 2008

Peccei -Ikeda

In due parole, il primo rapporto del club di Roma affermava che il tasso di espansione economica prevalente nel mondo alla fine degli anni sessanta e all'inizio degli anni settanta non avrebbe potuto continuare per una ragione semplicissima: la crescita avanzava in termini esponenziali mentre il pianeta sul quale viviamo è caratterizzato da limiti precisi. E ammoniva che, se il genere umano, incurante di questa verità, avesse tentato a viva forza di aumentare senza ritegno la produzione e i consumi, prima o poi altri poteri estranei al suo controllo sarebbero intervenuti a bloccarlo, rischiando di portare al collasso il suo sistema,creato ed elaborato con tanto capziosa diligenza.
Come lei osserva molto giustamente, gli economisti e gli uomini politici, non altrimenti che un buon numero di industriali e sindacalisti, i quali contestano simili riflessioni e affermano che l'economia può essere ricondotta e mantenuta ai livelli dell'èra del suo boom, sono in realtà stimolati da miopi interessi personali.
Questi fautori dello sviluppo ad ogni costo si sbarazzano d'un sol colpo degli interessi a lungo termine dell'umanità e del dovere che compete a quest'ultima di trasmettere ai suoi figli un pianeta in condizioni uguali, o non troppo deteriorate, rispetto a quelle in cui versava quando lo ha ereditato dalle generazioni precedenti.
Parimenti si rifiutano di ammettere che alla metà degli anni settanta si è concluso un periodo di eccezionale espansione economica e che le condizioni che lo avevano reso possibile non si possono ripresentare.
Da allora, e a dispetto degli sforzi messi in atto, si può dire dappertutto, nessun sintomo lascia presagire che l'economia mondiale possa ripetere quella sua eccezionale impresa. Pertanto il desiderio di assistere a un drastico rialzo della produzione e dei consumi mondiali, tale da poter rivaleggiare con i tassi di crescita dei decenni che abbiamo alle spalle, è destinato a rimanere una futile utopia.
La nostra politica e il nostro pensiero devono essere guidati da considerazioni ben altrimenti ligie alla realtà.
Occorre convincerci, coma a lungo termine, diventi imprescindibile un equilibrio accettabile tra le dimensioni demografico-economiche globali e la concreta possibilità che la terra riesca a reggerle. E non è tutto: spetta a noi trovare i mezzi e le idee per tradurlo in atto.
Ma per tornare al primo rapporto del Club di Roma, elementi sufficientemente validi ci permettono di concludere che il suo messaggio centrale è senza dubbio valido per l'immediato futuro. La disamina in esso contenuta dei limiti posti alla crescita è valsa ad affinare la nostra comprensione del fenomeno.
Il mito in base al quale la crescita - e per essere esatti, la crescita di qualsivoglia specie - sarebbe di per se stessa un fatto positivo ha lungamente sedotto e inquinato il nostro pensiero, né questa concezione erronea manca di esercitare ancora oggi una sua forza tentatrice. Respingendo il concetto secondo il quale la crescita egoistica e fine a stessa sia una meta meritevole di essere perseguita, il Club di Roma ha aperto una nuova strada, favorendo l'emergere di concezioni del tutto nuove quali la crescita organica e lo sviluppo sostenibile, che hanno contribuito a guidare il nostro pensiero in direzioni più sane e costruttive.

3 commenti:

roberto celani ha detto...

E se, cara Camilla, sostituissimo finalmente la crescita dell'uomo delle sue potenzialità, dei suoi diritti, della sua dignità ad una crescita economica che poi significa solo crescita di consumi per pochi?

La cosa che ogni volta mi sconvolge è che anche l'elaborazione teorica della ricerca d'avanguardia (vedi il club Di Roma) venga sempre ignorata se non è funzionale agli interessi delle lobbies dominanti.

Ma non voglio perdere la speranza che il cataclisma economico in atto risvegli la coscienza di qualche illuminato o folgorato sulla via Damasco che sia.

:-)

carla ha detto...

Camilla non so cosa è il club di Roma, scusa l'ignoranza Padana.
Lo sviluppo smodato del consumismo avrà una grossa frenata in futuro.
Spero non si debba ridurre principalmente alla perdita di posti di lavoro. E' questo che preoccupa principalmente la povera gente occupata o ancora disoccupata.
Almeno la penso così. Io difigli ne ho fatti pochi e ne farei meno in un futuro. Una della cose che riconosco giuste della dittatura di mao in cina è stata appunto quella relativa al controllo smodato delle nascite.
Del resto gli italiani, per non dire le italiane lo hanno capito da un pezzo: più braccia meno salario - è la semplice teoria di offerta e richiesta. Tutto bene per il resto si lavora ancora da metalmecc. e tu come va con i vari brunetti & co.?
Secondo me l'uomo fa solo tanto fumo e poco arrosto

carla ha detto...

Dai che da domani inizia il conto alla rovescia per le vacanze di Natale e un po' riposo!
Dove vai di bello a Natale?