sabato 23 agosto 2008

Lesbo


Perversità in cucina!
Sibila il bollitore.
E' tutto una Hollywood, senza finestre,
la luce fluorescente ha crampi d'emicrania,
al posto delle porte pudiche strisce di carta--
tendine finte di scena, una frangetta da vedova.
E io sono, amor mio, una bugiarda patologica,
e la mia bambina--eccola, a faccia in giù sul pavimento,
marionetta senza più fili che scalcia per sparire--
è proprio schizofrenica,
panico è la sua faccia rossa e bianca,
le hai sbattuti i gattini fuori dalla finestra
in una specie di pozzo di cemento
dove lei non li sente che cacano e vomitano e frignano.
Tu dici che non la sopporti,
bastarda di una bambina.
Tu che hai bruciato le tue valvole come una radio di scarto,
libera da voci e da storia, i rumori
di disturbo del nuovo.
Dici che quei gattini dovrei affogarli. Che puzza!
E affogare anche la bambina.
Se è matta a due anni, a dieci si taglia la gola.
Il pupo sorride, lumacone paffuto,
dalle lustre losanghe del linoleum arancione.
Roba da mangiarselo. E' un maschio.
Dici che tuo marito non vale un fico secco.
La sua mammona ebrea gli sta di guardia al sesso
come a una perla.
Tu hai un bambino, io due.
Seduta su uno scoglio in Cornovaglia dovrei
pettinarmi le chiome.
Vestirmi da tigre. Avere una relazione.
Dovremmo incontrarci nell'aria, in altra vita e situazione
io e te.

Intanto c'è un fetore di grasso e cacca d'infante.
Io sono drogata e intontita dall'ultimo tranquillante.
Fumo di pentole, fumo d'inferno,
sommerge le nostre teste, due opposti velenosi,
le nostre ossa, i capelli.
Ti chiamo Orfana, orfana. Stai male.
Il sole ti da piaghe, il vento tbc.
Com'eri bella un dì.
A Hollywood, a New York, ti dicevano gli uomini:
"Ehi pupa
sei uno schianto! sei venuta?"
Tu fingevi, fingevi, per dargli il nonsocchè.
L'impotente marito si avvia fuori al caffè.
Tento di farlo restare,
vecchio parafulmine da parare
i bagni d'acido, i cieli-in-piena riversantisi da te.
Greve lui scende il pendio di plastica acciottolato,
scassato tram che manda scintille blù.
Le scintille piovono giù
in milioni di pezzetti come quarzo frantumato.

O gioia! O tesoro!
Quella notte la luna
trainava il suo sacco di sangue, stracco
animale
sopra le luci della laguna.
E poi diventò normale,
dura e netta e bianca.
Il luccichìo di scaglie sulla sabbia m'impauriva da morire.
Ne prendemmo a manciate, l'amavamo,
plasmandola come pasta, un corpo di mulatto,
in seriche focaccine.
Un cane si attaccò a quel poveraccio di tuo marito,
e lui tirò avanti.

Ora taccio, tutta odio,
fino al collo, fin qui,
d'uno spessore così.
Come vestiti buoni impacco le dure patate.
Impacco i bambini.
Impacco i gattini malati.
O vaso di acido,
tu sei colma d'amore. E lo sai chi tu odi.
Con la sua palla al piede lui va al cancello
che da sul mare
e il mare ci va dentro, bianco e nero,
e il cancello lo risputa intero.
Riempi lui ogni giorno di spiritualità
come una brocca. E non ce la fai più.
La tua voce è un mio orecchino,
sbatte e succhia, sanguinario pipistrello.
E' proprio quello. E' quello.
Tu sbirci, stanca ciabatta,
dalla porta. "Ogni donna è una vacca. Comunicar non si può."
Vedo tutto il tuo lindo perbenino
che ti si chiude addosso come un pugno di bambino
o un anemone, quello spasimante
del mare, quel cleptomane.
Io sono ancora cruda.
Ma ti dico che forse tornerò.
Lo sai bene a che servono le bugie.

Nemmeno nel tuo cielo zen t'incontrerò.

*S.Plath

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decidere se sia meglio la sosta alla riflessione (che è la cosa più dinamica di tutte)
o farmi travolgere dall' onda dell'indignazione?
Farmi scaraventare nella piazza della partecipazione sarebbe facile, doloroso e ad essere sincera.. vecchio.
Non si fa il nuovo con i vecchi modi .

E i vecchi temi - mai così attuali - ci torcono le budella.
E' forse anche più aspra la condizione umana dal dopoguerra ad oggi..
Non ho più voglia di quel proceder lento, quel camminare dietro agli altri in processione.
(Io m'inseguo da me, già troppa gente frequenta lo zoo della mia mente)
Però faccio il tifo, questo sì.

Se solo si facesse il punto... E poi andiamo, dai!.. magari anche di corsa.

Non fa bene girare a vuoto..
Non basta mettere il pastrano di uno stesso colore per sentirsi affini e per l' efficacia dell'azione.
Una forte azione nasce da un comune pensiero "forte".. altrimenti meglio lasciar perdere.
Il fiume in piena ci porterà al mare o a sbattere contro un sasso. Fine della corsa.

Io preferirei andare al mare ma.. per navigare bisogna averci la rotta.. "idem sentire" e forza.

Idem sentire e forza anche solo per piantare un albero.


5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bentornata Camilla. Com'è andato l'agosto monferrino?

camilla ha detto...

Io non capisco la gente.. che non ci piace la campagna. (immaginare Vitti e la storia dei krauti)
Perchè? perchè?... perchè.
Sono stata dal contadino, ho goduto tramonti speciali, se non fossi battezzata dalla salsedine andrei là, a coltivare l'orto, caro Daniele!
adesso però sono quasi strabica.. buonanotte caro!
;-)

carla ha detto...

Allora dal commento deduco che la vacanza è andata benone Camilla!
Sono contenta e condivido i tuoi apprezzamenti per la vita all'aria aperta e non in scatola degli urbani.
Paola ,mi sembra, mi ha definito persona urbana in un commento, al momento ne sono anche stata lusingata, considerando la difficoltà dell'essere urbano, ma preferisco mille volte stare sulle montagne a camminare o anche solo guardare. a dopo
lella

tonyscutella ha detto...

avevo postato due commenti ma sono scomparsi bho! misteri..ti avevo risposto riguardo al fatto che non riuscivi a vedere il video di Carmelo Bene....comunque ti ho scritto via email....stammi bene ciaoo

roberto celani ha detto...

Bentornata Camilla

Sembri un mare in tempesta...

Il mal di mare torce le budella. Ma bisogna riflettere in movimento.
Mente, cuore e braccia saldati.
E nessuna rotta nell'infinito guado.
Basterebbe non affondare nella mota che poco somiglia al limo e troppo a succo di fogna.
Si naufraga a caso, senza scegliere i compagni.
Ma al toccar della sponda non un arbusto.
Basterà un seme.
"Io sono sicuro che sarà un fiore e non un'erbaccia".