sabato 31 gennaio 2009

d'infanzia e d'infinito (bozza)

questo passeggiare nei luoghi dell'infanzia può essere una gran noia per chi si trova fuori dalla pagina scritta e, per tornare al presente, il confronto è tuttavia inevitabile non tanto per il personalissimo gusto della rimembranza quanto per cogliere i nessi causali che allora mi sfuggivano, l'anello di congiunzione fra cosmo e microcosmo che, quando ti viene in mente di controllare il passato, ti avvicini a interpretare.

Ogni estate papà stava così poco con noi.. e la cosa non mi pareva affatto giusta.
Dopo aver esasperato Madre con le odiose "lotte sindacali" gli orari erano però migliorati.

- me ne andavo la mattina al buio mentre dormivi e tornavo la sera mentre.. dormivi - questo mi diceva, sovrappensiero, se ricordava la mia prima infanzia.
E Madre ricordava le stesse domande...
" papà quando viene? "
Ogni sera temevo non sarebbe tornato, caduto in mare, schiacciato o ammazzato.
In un certo senso lui "non tornava" davvero poichè mi addormentavo senza vederlo arrivare.

A volte arrivava all'ora di cena e, mentre mangiava, raccontava le storie mirabolanti.

Le rappresentazioni si tenevano ai moli, alle banchine, sulle navi e vicino al mare.
Colonna sonora era spesso l'ululato del vento di tramontana, il Burian...
In genovese buriana sta a significare tempesta.

E se papà era di turno a Porta Siberia allora usciva di casa con l'eskimo e il maglione imbottito di giornali.
Io ero spesso preoccupata per lui.
Laggiù, in quel posto carico di misteri e magie ognuno aveva un soprannome e papà, chissà perchè, era il poeta.

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