domenica 15 febbraio 2009

il segreto della zia cinese

La gonna plissettata della cugina Pinella

Non esiste un ordine preciso ed efficace nella memoria; se provo a darle una scansione, perdo il filo leggero che mi guida, ed evapora il pathos.
Vedo Pinella emozionata, le stanno intorno le donne di famiglia, il gineceo, siamo noi il gineceo, sento di farne parte anche io, purché stia zitta, basta che la smetta di fare domande.
Gli uomini, intendo zii, papà (chissà se c'era ) e i giovani cugini, sicuramente erano là, come sfondo rumoroso ed estraneo alle sapienti manovre delle donne.
Si dava l'ultimo tocco alla "misè" (oggi si direbbe look) della cugina che sarebbe andata al ballo.
Era il suo primo Ballo, quello della festa del paese e più tardi
- non troppo, meglio non perder tempo - sarebbe stata accompagnata alla festa, fragorosa ed eccitante occasione mondana che riusciva a eccitare anche me, bambina coi codini e sandali coi buchi.


Intanto Eros è quasi palpabile nell'aria, è forse la prima volta che ne avverto la presenza.
Non ho parole per vestire quei pensieri, le dovrei inventare.
I miei pensieri scaraventati in quel mondo nuovo, non hanno le parole adatte.
Strane eccitanti sensazioni sospettano l'amore. Sento che sto voltando pagina e mi accorgo di essere una spia nel mondo delle donne.

Loro non sanno che io comprendo più di quanto possano immaginare, mi sottovalutano, mi porgono il punta spilli mentre, improvvisamente la gonna di Luisella, allo scatto del bacino, fa una grande ruota, ellissi gialla di mille pieghe tutte uguali.
L'eccitazione contagiosa è per me insostenibile e chiedo di andare al ballo.
Per un attimo mi vedono, sono piccola, eppure sento di essere loro pari.
Mi alzo sulle punte per sembrar più alta e chiedo ancora.
Toni, la più caritatevole, suggerisce: "perchè no, si divertirebbe
anche la mata".
Dopo un breve momento di silenzio riprende il frenetico lavoro... bisogna ancora applicare la rosa gialla sulla pancia di Pinella. Lei è così magra, come Audrey Hepburn, io la trovo bella anche se bella non è come le nostre mamme (bombe di curve castigate in abiti austeri). Non siamo belle come loro, le sorelle dai piccoli nasini e dagli zigomi alti.
Pinella ha enormi occhi da cerbiatta e il suo sguardo è così erotizzante.. mi ricorda il velluto.
Presto, presto... si fa tardi e non riescono ad applicare la rosa di voile sulla pancia magrolina di Pinella. Noi siamo magre.
Lei è all'apice della contentezza e chiede quando arrivano gli altri...
Nessuno mi guarda e tutto il mio essereè attratto dalla musica in lontananza, si alternano rock and roll, cha cha e lenti galeotti .
Al suono delle note lontane ho il presentimento che non ce la farò a seguire Pinella che pure mi porterebbe con sè... ma il gineceo, a parte me, decide che no, non è il caso, sarei una specie di palla al piede.
Il rumore di un'auto in cortile e delle voci chiassose di tutti i cugini e degli amici dei cugini, l'immensa tribu di Montauslìn balza giù dalle auto e irrompe in casa.
Le ragazze sono bellissime, ce n'è poi una che è esattamente colei che vorrei essere io. E' una lontana cugina di Roma dal caschetto nero, quello di Valentina, la ninfa di Crepax?
Mi salutano affettuosamente ma in modo fugace, a nessuno viene in mente di portarmi con loro.
A quel punto persino Pinella, che è in ritardo con la rosa posticcia sulla pancia, corre via e salta sull'auto con un balzo delle sue ballerine

Io rimango dietro la finestra, afferro l'inferriata.. e provo il dolodre dell'abbandono, dell'esclusione.. la malinconia profonda di restare qua. D'improvviso , cala il silenzio di sempre, carico di una tristezza infinita.
Il fruscio dell stoffe, i commenti soddisfatti delle zie e nessuno si accorge che piango attaccata all'inferriata sognando un rock and roll.

(Solo molto più in là nel tempo avrei provato qualcosa del genere, una sera di Capodanno, quella sera in cui io, finalmente piacente ed esuberante, ero pronta per uscire ma il mio giovane marito si era addormentato sul divano. Fu inutile chiamarlo, protestare mi abbracciò perchè dormissi insieme a lui... ancora una volta raggiunsi la finestra e sedetti sul davanzale, i fuochi esplodevano di colori, scalpiccio di passi nella via e io lì, a piangere swduta sul davanzale).

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