venerdì 6 febbraio 2009

licenze poetiche

certe domeniche partiva al tramonto, almeno così mi suggerisce la memoria che però tante cose mescola e confonde.
Quella volta mio padre era in ritardo, si scommetteva tutti che non ce l'avrebbe fatta, il treno l'avrebbe perso, ma lui
( come chi le sfide se le va a cercare) sorrideva.
Sospettavo che si sforzasse di sorridere..per apparir sereno agli occhi miei.
Quello che vedevo io però era un sorriso volitivo, e avevo l'impressione che quel suo vivere in bilico in realtà gli piacesse molto, come il sale in una pietanza insipida.
Il treno lo avrebbe sicuramente perso, era già successo.
Quella volta era tornato accaldato con un'aria a dire il vero indisponente, l'aria di chi è indifferente, di chi viene ma poi parte, come se avesse tanta voglia di scherzare.
Dopo averlo visto sparire in fondo al viale, come se all'improvviso fosse caduto dentro a un buco voltammo le spalle al cancello e tornammo in cortile.
Mentre me ne stavo sullo sgabello intarsiato da zio Pino, tutti dicevano peccato, perderà il treno... se solo fosse partito un po' prima... io invece incominciavo a riflettere. Papà era uno che non poteva resistere più di tanto nello stesso luogo, come una specie di nomade moderato.
Poi entrammo in casa per preparar la cena e passò il tempo e venne buio... e allora dov'era quell'uomo? cosa aveva combinato?
Ero in ansia, il tempo passava e lui neppure tornava.
- A quest'ora però dovrebbe essere già tornato - dicevano.
- Già... ci fa stare in pensiero ! -
Ero immersa in una specie di bolla silenziosa in mezzo ai rumori di casa, del cortile... del viale.
Poi, finalmente, arrivò una telefonata: papà era riuscito a prendere il treno.
Era già arrivato a Genova.

SEGUE...

Nessun commento: