mercoledì 18 febbraio 2009

il giradischi ( bozza )

il giradischi di Piero era un dettaglio trascurabile per i vari cugini, amici dei cugini... al punto di essere appoggiato a terra, quasi dimenticato.
Avevano deciso di ballare sotto il portico, avevano sbaraccato in fretta, la fretta che i vecchi del parentame erano accorsi a contenere con discutibile saggezza, la loro vecchia saggezza che mi appariva assai molesta.

Tutta la preoccupazione per i vicini anziani che forse erano andati a dormire mi infastidiva, mentre loro, quelli più grandi, ribadivano che avrebbero fatto attenzione... non avrebbero rotto le vecchie sedie impagliate e nessuno avrebbe toccato i pomidoro, coricati per benino nelle cassette di legno grezzo.
Io quei pomidoro li vedevo in pericolo, rossi e appena colti, in mezzo a tutti i piedi danzanti. ma per fortuna qualcuno salì la scala a pioli e li fece rapidamente espatriare lassù, nel fienile, dove sembravano piccoli esuli rossi, prigionieri politici in mano alla gioventù cui mi stavo ispirando per il mio personale debutto.

Ero dunque molto attenta a ciò che accadeva, notavo ogni cosa che erano certi di nascondere, anche i loro sorrisi complici.
Ci guardavamo, Alessio ed io, i piccini della compagnia, e ci facevamo spazio a fatica, tra involontari spintoni, bisognava stare attenti perchè ci avrebbero cacciati da un momento all'altro e non vedevano l'ora.
Alessio aveva accennato un goffo tentativo di danza subito interrotto dalla vergogna, in effetti era negato, io al contrario sentivo un furore
di taranta che non potevo esprimere (solo anni dopo mi sarei iscritta a danza) e provavo una specie d'invidia mista allo strano, piccolo dolore di essere incatenata all'infanzia, costretta a una "immobilità di rango".
Così mi sembra opportuno chiamare la condizione di aspirante ragazzina.

Dopo il twist e alcuni passi di latino americana qualcuno spense la luce e puntò diritto verso il giradischi creando una bolla di silenzio molto simile a quelle delle prove degli orchestrali (subitaneo tonfo di grancassa, stecca di tromba, poche sparpagliate note di piano e gemito di violino).
Ciò che accadde dopo mi segnò per la vita.
Ad uno ad uno, ragazzi e ragazze, per un misterioso criterio oppure per magia, si cercavano, apparentemente a caso, col semplice gesto di allungare la mano, porgendola all'altro come per dire io ho scelto te.
si vedeva che quasi tutti avevano fatto la scelta giusta.. senza alcuna consultazione.. ed ero emozionata mentre le note calde del primo lento mi attraversavano la pelle fino alla carne che quasi tremavo, per la frescura e la percezione di Eros, insolita presenza, una sorta di affanno collettivo, quasi palpabile che mi turbava senza volto e senza nome.
Il disco in vinile era "Hey Paula".

Una voce acerba ma calda mi aveva fatto trasalire, ero in preda a un sentimento di cui non sapevo nulla. Dopo quello struggente "..hey Paul" aveva risposto la voce pastosa e calda di lui. Intanto tutti si erano abbracciati, ciondolavano chi con lo sguardo perso e chi con la faccia nascosta sulla spalla del partner e io lì, di fianco ad Alessio. Lui, a testa bassa a raschiare col coltello un bastone di legno (ci sarebbe stato utile il giorno dopo per attraversare i campi da casa sua a casa mia) e io che non sapevo nè potevo ballare, ero la più piccola


Ero esattamente nello stato d'animo di chi si trova affamato ad un sontuoso banchetto dove ci sono tempi e modi da rispettare.
Mi capitò così, nell'attesa, di allontanarmi un po', verso la vigna, per dare uno sguardo al cielo senza luna, nero.
Se solo mi allontanavo oltre il cortile i grilli erano a loro volta in grado di stordirmi e di erotizzarmi esattamente nella direzione opposta, verso un imprecisato senso d'infinito che forse solo il cantico di cento grilli ti può regalare.
Non sapevo gestire e nemmeno ci provavo a cucire stati d'animo tanto diversi, opposti.

Ancora una volta non sapevo dare un nome alle piacevoli procelle emotive ma ora so che il portico era il luogo della possibilità d' Amore.

Là nella vigna, invece, dietro il tremolio facondo delle betulle e nel fresco pungente della notte, il cielo si prendeva i miei occhi, li rapiva... spegneva la musica e mi scaraventava in alto come a volermi risucchiare nell'universo nero e quella sera abbandonato dalla luna.
Percepivo neri sipari come se un sipario preparasse a quello successivo, in un'ansia di contare tutti i cieli. L'impossibilità del calcolo mi dava un brivido ben più potente di quello delle coppie intrecciate nella magia dei lenti.

1 commento:

Masaghepensu ha detto...

Sai Camilla, sul mio Blog ha messo un Video di Genova, come era e come è oggi. Dovresti vederlo, è molto interessante. Si trova due o tre pagine indietro. Mario