sabato 5 luglio 2008

avidità e potere

torniamo ai primi rudimenti, al primo banco...
coraggio, è bene pensare di tanto in tanto.

Avidità è parola che si dice da , al punto di apparire banale.

E' una fame continua, inestinguibile.
Quando l'avidità va oltre la naturale funzione di conservare la vita e diviene "fame" incessante di "cibi" sempre nuovi è una vera escalation.

Ciò che è importante sapere è che in questa condizione non siamo noi a scegliere i desideri, sono loro che scelgono noi.

L'eccesso di ambizione ne è esempio evidente e spesso si accompagna ad avarizia, invidia e gelosia.
Se non si controlla questa "fame" si arriva alla bramosia di fama e potere.

Questo discorso può apparire oggi anacronistico per la maggior parte della gente.
Il solo fatto di arrivare a umiliazioni, persino sofferenza... pur di partecipare all'Isola dei famosi o altri reality la dice lunga sull'avidità di fama, di cui si può restare vittime.

Vittime appunto di macchine del desiderio che... scelgono noi!

A livello politico è questa "fame" perversa a far sì che chi si arricchisce (a volte a a dismisura)
sia assolutamente indifferente alla povertà degli altri.

Gli stessi politici ne sono vittime, l'ossessiva "fame" di potere e visibilità li catapulta lontano
dal sociale come asteroidi impazziti e spesso molti di loro fanno una immensa fatica a ricordare
il "generoso" motivo dal quale erano partiti.
Accade a tutti noi... impiegati, show girl, giornalisti, operatori della finanza o imprenditori, è sempre la stessa "fame" a sceglierci.

Nel sociale l'atteggiamento avido, questa "fame"insaziabile è alla base di molti squilibri come
l'esistenza di paesi sottosviluppati, disoccupazione, evasione fiscale, corruzione, illegalità e
sete di potere.

Sia ben chiaro, quelli che chiamo "cavalieri neri" sono quelli che ho potuto mettere a fuoco per la prima volta tentando di approfondire per molti anni lo studio del Buddhismo.
Il marxismo infatti non mi aveva messa in grado di vedere così bene la centralità dell'uomo.

E' infatti l'uomo a "fare la società" e non il contrario.
Lo dimostra molto bene il fallimento della politica di oggi, cambiano le "scatole" ma non cambia
il contenuto. Non è un problema di simboli, apparati, definizioni di correnti e parole e.. non è neppure un problema di "immagine"...

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